YOU WILL DIE AT TWENTY

YOU WILL DIE AT TWENTY
Regia di Amjad Abu Alala. Un film con Mazin Ahmed, Talal Afifi, Moatasem Rashed, Mustafa Shehata, Bonna Khalid. Titolo originale: You will die at twenty. Genere Drammatico - Sudan, Francia, Egitto, Germania, Norvegia, 2019, durata 103 minuti.
di Paola Casella
Al momento della nascita del piccolo Muzamil il santone del villaggio sudanese profetizza che il bambino morirà al compimento del ventesimo anno. Il padre non riesce ad accettare quella profezia nefasta e abbandona moglie e figlio: da quel momento la vita di Muzamil è un’attesa della scadenza annunciata, soffocato dalla protezione materna che tenta di ostacolare il corso del destino. Dunque i rapporti fra il ragazzo, arrivato alla soglia dei 19 anni, e l’amica d’infanzia Naiema, diventata una bellissima giovane donna, e con un intellettuale che, dopo gli anni trascorsi in Europa, è tornato nel villaggio natale, sono improntati all’impermanenza e all'impossibilità di un futuro comune.
You Will Die at Twenty è il lungometraggio di esordio del regista e sceneggiatore sudanese Amjad Abu Alala, nato e cresciuto negli Emirati Arabi.
Il suo racconto è di una bellezza formale elegante ed essenziale che sembra ispirarsi al candore delle vesti indossate da Muzamil, agnello sacrificale predestinato. Il ritmo della narrazione è di una lentezza "africana" perfettamente aderente al mondo che rappresenta, e la raffigurazione del villaggio come frattale di quel mondo è credibile e commovente. Ma si sente nella confezione anche un certo desiderio di compiacere una platea occidentale, soprattutto nel ritratto dell’intellettuale che ascolta musica francese, anche se la lezione del cinema africano è ben assorbita e ben rielaborata nel narrare una parabola che trova le sue radici in una cultura intrisa di magia e di millenaria saggezza.

I temi sono molteplici: dalla gestione di una spiritualità pagana che spesso confina con la superstizione all'assunzione passiva di una colpa atavica che aspira alla redenzione passando attraverso il peccato, anche carnale. Più di tutto, è rilevante il valore metaforico di una storia che illustra il destino di molti sudanesi, ovvero l’impossibilità di arrivare ad un’età adulta e di uscire dai confini del proprio villaggio natale e dalle proprie circostanze.

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