AMERICAN SKIN

AMERICAN SKIN
Regia di Nate Parker. Un film con Nate Parker, Omari Hardwick, Theo Rossi, Beau Knapp, Allius Barnes, Dominic Bogart. Genere Drammatico - USA, 2019, durata 89 minuti. Uscita cinema giovedì 30 aprile 2020, distribuito da Eagle Pictures.
di Ilaria Ravarino
Lincoln Johnson, afroamericano veterano dell'Iraq, una sera viene fermato dalla polizia mentre sta guidando la sua auto in un quartiere borghese. A seguito di un battibecco, il poliziotto Mike Randall esplode un colpo che ferisce e uccide Kajani, il figlio 14enne di Johnson. Mentre il processo decide per l'innocenza del poliziotto, e la città si infiamma tra colpevolisti e difensori, Johnson decide di agire per conto suo, alla ricerca della giustizia negata.
Black Lives Matter. Sembra quasi di vederlo, Spike Lee, di fronte al soggetto del film con cui Nat Parker - diventato un paria di Hollywood dopo il suicidio della donna che lo denunciò per stupro nel 1999 - cercava di tornare nelle grazie del pubblico che lo aveva amato per The Birth of a Nation.
E pare quasi di vederlo Lee, che sospira con rassegnazione mentre si decide a coprodurre il film privilegiando l'urgenza del tema - la violenza della polizia nei confronti dei giovani neri americani - alla confezione grossolana con cui il regista/attore di Norfolk l'ha consegnato al cinema. Grossolana, ma non per questo inefficace: Parker manipola sentimenti di grana grossa, fa leva su facili emozioni (come si può ignorare emotivamente la morte di un bambino di 14 anni?), consegnando un compitino prevedibile e abbastanza sgangherato sulla questione della "pelle americana" (il titolo è quello di una canzone di Bruce Springsteen) e su quanto sia ancora pericolosamente dirimente appartenere a un colore o all'altro.

C'è n'è abbastanza per mobilitare Lee, da sempre impegnato sul fronte dei diritti degli afroamericani, e forse persino per incontrare un certo pubblico, affamato di risposte a domande troppo a lungo rimaste senza soluzione.
Perché quello di American Skin è un tema che continua a bruciare, e che rischia di deflagrare negli Stati Uniti di Trump. Una piaga aperta in cui il film di Parker mette disinvoltamente le mani, inciampando qua e là in qualche buona sequenza: la conversazione via Skype in cui Lincoln (eroe buono interpretato, e non è un caso, dallo stesso regista) spiega al figlio come comportarsi di fronte a un agente di polizia, o l'intuizione del "finto processo" all'interno della centrale - intuizione destinata, purtroppo, a rimanere una buona idea solo su carta.

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