ATLANTIS

ATLANTIS
Regia di Valentyn Vasyanovych. Un film con Andriy Rymaruk, Vasyl Antoniak, Liudmyla Bileka. Genere Drammatico - Ucraina, 2019, durata 106 minuti.

di Roberto Manassero
In un futuro prossimo la guerra tra Ucraina e Russia nella regione del Donbass è finalmente terminata. L'ex soldato Sergeij è tornato dal fronte con una sindrome da stress post- traumatico e non riesce ad adattarsi alla nuova realtà. Dopo il suicidio del migliore amico, anch'egli reduce di guerra, e dopo la chiusura della fonderia in cui lavora, Sergeij aderisce al progetto di un'associazione di volontari specializzata nel recupero di cadaveri di guerra. Poco alla volta, lavorando accanto alla responsabile Katya, capisce che un futuro migliore è possibile.
Il resoconto secco, spietato, stilisticamente controllato, di un ipotetico ma estremamente realistico dopoguerra nell'Ucraina libera dal conflitto con la Russia.
Un mondo in cui la ripresa dalla vita è resa impossibile dal trauma psicologico dei sopravvissuti e dall'avvelenamento della terra. Un incubo dal quale, però, può ancora nascere una speranza.
Valentyn Vasyanovych è un regista e direttore della fotografia ucraino. Ha diretto quattro film e curato la fotografia del cult The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkyi. È un autore dalla mano precisa, sicura, che osserva con la macchina da presa lo stato del suo Paese, da anni coinvolto in una guerra secessionista che coinvolge la parte orientale del paese, quel Donbass già al centro dell'omonimo film di Sergei Loznitsa.

Atlantis non è la cronaca del conflitto: è il resoconto di ciò che esso si sta lasciando alle spalle, e che nella finzione del film è già un fatto concluso, una condizione da cui ripartire. Idealmente ricorda un altro grande film della stagione, Beanpole di Kantemir Balagov, che racconta l'immediato dopoguerra nella Leningrado sopravvissuta all'assedio nazista: entrambe sono opere che catturano con sguardo estremamente formalista il trauma psicologico di chi resta in vita, un blocco sia individuale sia collettivo.

Nel futuro immediato immaginato da Atlantis, Sergeij vive immerso nella realtà del conflitto, sa solo sparare, non si adatta alla fabbrica, cerca luoghi dove combattere. La morte e la perdita del lavoro - in due scene visivamente stupefacenti, una con la ripresa in tempo reale di un suicidio, l'altra che sembra uscita da "1984" - segnano un punto di non ritorno. Per andare avanti, Sergeij deve tornare nel passato, scavare nella terra dal quale emergono cadaveri senza nome che infestano il suolo sul quale cammina.

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