LES ENFANTS D'ISADORA

LES ENFANTS D'ISADORA
Regia di Damien Manivel. Un film con Agathe Bonitzer, Manon Carpentier, Julien Dieudonné, Marika Rizzi, Elsa Wolliaston. Titolo originale: Les enfants d'Isadora. Titolo internazionale: Isadora's Children. Genere Drammatico - Francia, Corea del sud, 2019, durata 84 minuti.
di Tommaso Tocci
Una storia ispirata alla figura di Isadora Duncan, ballerina "di rottura" vissuta agli inizi del ventesimo secolo che perse i due figli in un tragico incidente e creò uno spettacolo basato sull'esperienza luttuosa di una madre. Un secolo più tardi, quattro donne entrano in contatto con la sua danza: una giovane ragazza parigina che decide di re-interpretare lo spettacolo, un'insegnante di ballo che cura la coreografia, un'adolescente che lo mette in scena, e un'anziana signora che assiste alla prima rappresentazione.
Può una composizione vecchia di un secolo, che racchiude il segreto di un forte dolore, schiudersi nel mondo contemporaneo attraverso la danza e toccare le persone giuste?
Attraverso un percorso annotato da cartelli, della durata di un paio di mesi, il regista Damien Manivel ripercorre questo filo con garbo estremo, in un'opera originale nello spirito quanto nella forma, che però finisce spesso per apparire pedante.

Molto poco parlato e rispettoso della solennità dei gesti, Isadora's Children è esigente con la pazienza dello spettatore, calato in un'atmosfera solitaria in cui sembra che ognuna delle quattro protagoniste sia l'unica persona al mondo, e in cui non esistono riferimenti se non le parole di Isadora Duncan lette su una pagina. "Non ho inventato questa danza", scrive l'artista, "è stata dormiente per secoli e il mio dolore l'ha risvegliata."

È con il passaggio da una donna all'altra che il film acquista profondità e va oltre il mero esercizio di stile. "Madre", la composizione di Duncan (la cui vita incredibile è valsa a Vanessa Redgrave una nomination all'Oscar nel biopic Isadora del 1968), e in particolare un passaggio che mima la presa di un bambino, diventa metafora di un processo meticoloso, ripetuto fino allo stremo. È nei brevi istanti di intermezzo che si scorge qualcosa di più su queste quattro vite, tra una telefonata fuori dalla scuola di danza e la dedizione di una ragazza che si ripete "posso farcela" allo specchio. Lentamente, le individualità si legano tra loro come le indicazioni sul libretto, per dar vita a una rappresentazione tridimensionale.

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